Impugnazione dello stato passivo
Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.
Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione è proposta nei confronti del curatore.
Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore.
Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore.
Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.
Procedimento di impugnazione dello stato passivo
Le impugnazioni si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento. Il ricorso deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale che ha dichiarato il fallimento;
3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni;
4) l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi. Il giudice delegato non può far parte del collegio.
La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che intendono intervenire nel giudizio.
Nel corso dell’udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di prova ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti.
Il tribunale, se necessario, può assumere informazioni anche d’ufficio e può autorizzare la produzione di ulteriori documenti. Il fallito può chiedere di essere sentito.
Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pronunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giorni dall’udienza.
Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.