Il leverage ratio
Ai requisiti patrimoniali basati sul rischio si affiancherà un leverage ratio. L’introduzione di questo strumento ha una duplice finalità. Oltre a contribuire – come richiesto dal G20 – a contenere il livello di indebitamento nelle fasi di eccessiva crescita economica, il leverage ratio può anche supplire alle eventuali carenze dei modelli interni per la valutazione del rischio, soprattutto di quelli sviluppati per prodotti finanziari particolarmente complessi o innovativi. Un punto importante della proposta è l’inclusione nel calcolo del rapporto anche delle attività fuori bilancio, escluse, ad esempio, nella regolamentazione statunitense. Si tratta di un profilo essenziale che pone al riparo dai rischi di arbitraggio regolamentare e di aggiramento del limite.
Il valore massimo di leverage che le banche potranno sostenere sarà definito nella fase di calibrazione delle diverse misure. Esso dovrà essere tale da interagire virtuosamente con l’impianto di Basilea 2, così come modificato a seguito della crisi, evitando di alterare la struttura di incentivi degli intermediari o di rafforzare la ciclicità delle dotazioni patrimoniali. È chiaro che, al di là delle condivisibili finalità dello strumento, la difficoltà che abbiamo di fronte sta proprio nel definirne l’interazione con le regole risk-sensitive già in vigore. Alcune prime simulazioni sulle banche italiane – che risentono tuttavia della carenza di serie storiche sufficientemente lunghe – mostrano che, nelle fasi congiunturali avverse, l’impatto delle perdite sul livello del capitale può essere rilevante, conducendo ad un aumento del grado di leva.
Di questo effetto potenzialmente pro-ciclico, che dovrà essere verificato attraverso lo studio d’impatto, il Comitato è consapevole. Secondo le sue intenzioni, la calibrazione dell’indicatore sarà definita così da risultare vincolante solo per le categorie di intermediari che tendono maggiormente a sfruttare la leva finanziaria – quelli, ad esempio, più orientati alle attività di negoziazione o specializzati in comparti finanziari innovativi – e nelle sole fasi di crescita particolarmente accentuata dell’economia.
La proposta “di base” contenuta nel documento di consultazione mira a introdurre uno strumento relativamente semplice da calcolare e di agevole lettura da parte del mercato. Opzioni alternative – ad esempio il riconoscimento degli accordi di compensazione (netting) o l’esclusione dal calcolo dell’attivo delle attività più liquide – potranno essere valutate, ma non dovranno introdurre elementi di complessità non coerenti con la filosofia di fondo dello strumento. Si deve anche assolutamente evitare che regole contabili diverse conducano a differenze significative nel funzionamento dello strumento in giurisdizioni diverse.
L’iniziale introduzione nell’ambito del secondo Pilastro consentirà in ogni caso di sperimentare il funzionamento dell’indicatore e di apportare, laddove necessario, le opportune correzioni.
Tratto da https://www.bancaditalia.it
(Intervento del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia
Giovanni Carosio)