Giuste cause di licenziamento
La legge prevede che il licenziamento del dipendente non può essere disposto che per giusta causa o per giustificato motivo definita come giusta causa di licenziamento una motivazione che "non consente la prosecuzione, nenache temporanea della relazione lavorativa. vale a dire, anche per il periodo di preavviso.
L'elasticità e la vaghezza del concetto normativo ha creato non pochi problemi di interpretazione e, soprattutto, le applicazioni, in coincidenza con la necessità di valutare e selezionare, in pratica, quando un determinato comportamento messo in atto dal dipendente possa costituire o meno proprio a causa di licenziamento.
Le difficoltà sono state superate grazie allo sviluppo della copiosa giurisprudenza che, nel tempo, ha illustrato i criteri di interpretazione e l'applicazione della norma.
Criteri che, da un lato, limitano il potere discrezionale del datore di lavoro, reso particolarmente grande da quanto previsto dalla normativa, e d'altra parte, consentono di definire in generale come giusta causa di licenziamento, quella causa che ha come presupporto un comportamento colpevole e imputabile solo al dipendente e che ha un impatto sulla fiducia del datore di lavoro per quanto riguarda il prosequio stesso del rapporto fiduciario lavorativo.
Per determinare se vi è giusta causa di licenziamento, e se è stata rispettata la regola della proporzionalità della pena il giudice deve stabilire in concreto se il comportamento specifico da parte del dipendente, considerato e valutato non solo nel suo contenuto obiettivo, ma anche nel campo di applicazione soprattutto con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato messo al suo posto, i suoi modi, i suoi effetti e l'intensità dell'elemento psicologico dell'agente, sia oggettivamente e soggettivamente idonea a danneggiare seriamente la fiducia che il datore di lavoro deve avere nel personale alle sue dipendenze e che, pertanto, richieda la pena massima di espulsione senza che in tal caso sia possibile rilevare l'assenza o la quantità di danni modesta a carico del patrimonio del datore di lavoro.
A titolo di giurisprudenza la verifica della effettiva esistenza di una giusta causa da parte del giudice consiste nel valutare se la mancanza messo in atto dal dipendente ha, prima di tutto, leso o meno il vincolo di fiducia tra datore di lavoro e lavoratore, e, quindi, se la sanzione comminata dal datore di lavoro al lavoratore è proporzionata o meno al fatto commesso da quest'ultimo. Il giudizio di proporzionalità tra l'accusa e la sanzione inflitta, si sostanzia nella valutazione della gravità dell'inadempimento del dipendente in relazione al rapporto vero e proprio.
L'inadempimento deve essere valutato in senso accentuativa alla regola generale della "non scarsa importanza" in modo che l'adozione della massima azione disciplinare è giustificata solo in presenza di una grave violazione degli obblighi contrattuali o non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto di lavoro andando a minare l'elemento essenziale del rapporto di lavoro, che è quello della fiducia.
Con riferimento a comportamenti del lavoratore anteriori al fatto che ha dato origine alla controversia, la giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere importanti i comportamenti pregressi del lavoratore, anche se questi comportamenti non sono stati tempestivamente contestati, ma costituiscono una conferma importante di altri obiezioni alla valutazione della gravità globale, anche sotto il profilo psicologico, delle inadempienze contestate al dipendente.
In effetti, è stato precisato che ai fini della valutazione della gravità della violazione messo in atto dal dipendente si possono prendere in considerazione precedenti disciplinari già sanzionati, anche se risalenti a più di due anni prima del licenziamento.
Ai fini della sussistenza di una giusta causa di licenziamento, e per stabilire la gravità del comportamento del dipendente non può essere escluso per il fatto che un comportamento analogo con annessa violazione sia già stata commessa da altri lavoratori in passato, e valutati in modo diverso dal datore di lavoro, data la natura indipendente di ogni inadempienza e l'impossibilità di giustificare l'una in dipendenza dell'altra. Si sostiene anche che la tolleranza da parte del datore di lavoro a mancanze precedenti - dello stesso o di un altro lavoratore non implica l'impossibilità alla possibilità di un licenziamento per lo stesso comportamento illecito successivo, dal momento che il datore di lavoro non può essere costretto a tollerare il ripetersi di tale comportamento illecito dei suoi dipendenti.
Di regola, i contratti collettivi riportano un elenco di comportamenti che, se posti in essere dal dipendente, possono costituire giusta causa di licenziamento. I tipi di contratto, a titolo meramente indicativo, non sono tassativi. Ciò significa che, anche se un contratto collettivo prevede che un determinato comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, il giudice d'appello non è vincolata dalla clausola contrattuale, ma deve valutare l'effettiva gravità del comportamento alla luce di tutte le circostanze del caso di specie.
Comportamenti che determinano giusta causa di licenziamento
• Insubordinazione o offese ai superiori
• Grave insubordinazione ai superiori
• Grave insubordinazione ai superiori accompagnata da comportamento oltraggioso
• Furto nell’azienda
• Appropriazione nel luogo di lavoro di beni aziendali o di terzi
• Danneggiamento volontario di materiale dell’azienda o di materiale di lavorazione
• Gravi guasti provocati per negligenza al materiale dell’azienda
• Diverbio litigioso seguito da vie di fatto in servizio anche fra dipendenti che comporti nocumento o turbamento al normale esercizio dell’attività aziendale
• Rissa nello stabilimento o azienda
• Trafugamento di schede, di disegni, di macchine, di utensili o comunque di materiale illustrativo di brevetti o di procedimenti di lavorazione
• Costruzione entro le officine dell’azienda di oggetti per uso proprio o per conto terzi, con danno dell’azienda stessa e/o con impiego di materiale dell’azienda
• Abbandono del posto di lavoro che implichi pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti, comunque compimento di azioni che implichino gli stessi pregiudizi
• Fumare dove ciò può provocare pregiudizio all’incolumità delle persone o alla sicurezza degli impianti o dei materiali
• Assenze ingiustificate consecutive oppure ripetute in un anno nei giorni seguenti ai festivi od alle ferie 5 gg. 3 gg. 3 gg. 5 gg.
• Irregolare dolosa scritturazione o timbratura di schede di controllo delle presenze al lavoro
• Negligenza nell’esecuzione di lavori o di ordini che implichino pregiudizio all’incolumità delle persone
• Trattare affari per conto proprio o di terzi in concorrenza con l’imprenditore
• Grave abuso delle norme relative al trattamento di malattia
• Reiterato stato di ubriachezza
• Rifiuto di eseguire i compiti ricadenti nell’ambito delle mansioni afferenti la qualifica di inquadramento
• Trascuratezza nell’adempimento degli obblighi contrattuali o di regolamento interno
• Recidiva