Licenziamento ad nutum
Nelle regole in materia di licenziamento individuale emerge come principio unificante stabilito dal cosiddetto recesso causale in base al quale il licenziamento disposto dal datore di lavoro deve essere supportato da un valido motivo o giusta causa. Al recesso causale è in contrapposizione la figura del licenziamento ad nutum, in cui il datore di lavoro non è tenuto a fornire una giustificazione della sua intenzione di recedere dal rapporto di lavoro instaurato col lavoratore.
Secondo il codice civile "Ciascuna delle due parti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato con un preavviso entro i termini e secondo le modalità previste dagli usi o secondo equità. In mancanza della comunicazione di preavviso all'altra parte, è tenuta a pagare un risarcimento equivalente a quello di cui sarebbe responsabile per il periodo di preavviso. L'indennità stessa è corrisposta dal datore di lavoro è necessaria in caso di cessazione per morte del lavoratore."
Dal 1990 esiste però un 'area del cisiddetta di libera recedibilità, in cui è possibile ritirarsi in nutum o senza giustificazione, e solo con il riconoscimento degli oneri di preavviso o indennità sostitutiva del suo è solo residuale. Attualmente sono compresi in questa categoria:
- I lavoratori domestici;
- I lavoratori oltre i 65 anni e le lavoratrici oltre i 60 anni che hanno maturato il diritto alla pensione;
- I dirigenti;
- I lavoratori assunti in prova;
- Apprendisti;
- Gli atleti professionisti.
Se, da un lato, il legislatore è gradualmente intervenuto per limitare l'ambito di applicazione di questa norma, che attualmente opera esclusivamente per i tipi di rapporto di cui sopra, dall'altro non è stato alterato in alcun modo in relazione al preavviso.
Il licenziamento ad nutum può essere annullato per motivi di illegittimità, se contrario a norme imperative, all'ordine pubblico e la moralità, nel qual caso il licenziamento è nullo.
La maggior parte dei casi di invalidità e illegittimità del licenziamento per motivi non leciti è regolata in modo indipendente nei casi relativi a ipotesi discriminatorie per ragioni politiche, religiose, sindacali, di razza, di lingua o di sesso.